N.D.A: So già che questo aggiornamento, relativo al periodo 43-44, contiene sicuramente diverse inesattezze. Ci tenevo comunque a pubblicarlo il prima possibile anche per ringraziare tutti i sostenitori di elbafortificata.it che contribuiscono ad evitare che le testimonianze del nostro passato prossimo cadano nell'oblio. Perdonate quindi le inesattezze accetto qualsiasi commento che possa migliorare il tutto.
Nell'Estate del 1943, in seguito alle modalità poco chiare con cui erano cadute Pantelleria e Augusta-Siracusa la responsabilità di piazze e zone militari marittime passò al Regio Esercito II°Corpo d'Armata - 215°Divisione Costiera- Comando Truppe dell'Elba comandato dal neo-assegnato Generale di Brigata Achille Gilardi.
Gli eventi ,dei giorni immediatamente successivi all'armistizio, per la loro importanza meritano una trattazione separata per grandi linee fino al 16 Settembre 1943 , la decisone del Comando era chiara, opporre resistenza a qualsiasi tentativo di sbarco da parte di reparti Germanici.
Questa decisione era stata appoggiata anche dalla popolazione, che aveva fatto sapere al Comando di essere disposta a combattere ed essere armata ed inquadrata da parte dell'Autorità Militare. Il tempo passa scandito dalla ricezione continua di ordini contrastanti, alcune batterie costiere scambiano qualche colpo con unità tedesche che si avvicinano per saggiare le difese,c'è uno scontro a fuoco con i nostri marinai per riprendere Palmaiola,caduta per meno di 24 ore in mano ai Tedeschi. Si cerca di organizzare al meglio la difesa del nuovo fronte, il settore Orientale dell'Isola,disponendo lo sbarco di alcune mitragliere da unità navali in avaria ormeggiate a Portoferraio, ma di fatto queste armi non vedranno mai la loro nuova ubicazione a causa dell'arrivo dei Tedeschi. Il 15 Settembre una delegazione viene a chiedere la resa,si continua sulla linea della resistenza fino al mattino del 16 quando gli Stuka colpiscono Portoferraio e la batteria delle Grotte provocando numerose vittime tra civili e militari decretando la resa dell'Isola.
Con l'Operazione Goldfasan i paracadutisti tedeschi prendono l'Isola,da ricordare l'uccisione di un marinaio,che si occupava della distribuzione della posta militare,colpito perché si rifiutò di consegnare la bicicletta e la borsa con i documenti postali,nella zona di Magazzini.
Seguirono altri tristi episodi di furti e ruberie ai danni dei nostri ufficiali e soldati concentrati prima a Portoferraio e poi alla Magona di Piombino da dove furono avviati ai campi di prigionia.
Il personale della Regia Marina,sopratutto gli ufficiali superiori, continuarono a mantenere i loro posti,sempre sotto il controllo Germanico, fino ad Ottobre quando poi anche loro vennero arrestati ed internati.
L'occupazione Tedesca dell'Isola viene ricordata come una "convivenza" tranquilla, il 27 ottobre 1943 venne inviato un plotone del Battaglione IX Settembre formato da elementi già appartenenti ai reparti da sbarco. Restò sull'Isola fino al 5 gennaio dell'anno seguente, impiegato in una capillare azione di rastrellamento e di difesa costiera. Nel corso dei rastrellamenti vennero recuperate moltissime armi, munizioni ed equipaggiamenti . Il comando del reparto era stato affidato al tenente Furlani molto probabilmente affiancato dal maresciallo Proietti ,il 7 dicembre, nel corso di un rastrellamento a Portoferraio,ci fu un conflitto a fuoco, nello scontro venne ferito proprio il ten. Furlani che fu ricoverato all' ospedale di Portoferraio.
Posti al comando del Gen. Gall sull'Isola erano presenti quasi 2000 uomini: 2 Battaglioni da fortezza Festungs Battaillone (Btg. 902° e 908°),un Reparto di Artiglieria Costiera il 616 Marine Artillerie Abteilung,una batteria Speciale dell'Esercito Heersesbattrie z.b.V Sterz e due batterie c.a del Flak abteilung l 192° ; erano inoltre installate alcune postazioni Radar gestite da specialisti della Luftwaffe.
Vi erano poi i reparti Italiani (circa 750): il 6° Battaglione Difesa Costiera (Cap. Bugarelli), una Compagnia di bersaglieri distaccata dal 5° Btg. Difesa Costiera (Magg. Leonetti) di presidio fra Piombino e Livorno,la 4°Batteria del 5°Gruppo Artiglieria Costiera, due Compagnie genieri del 116° Btg. F.C. e due Compagnie del 58° bis Btg. L.L. , una Compagnia mobile della GNR, 4 distaccamenti con carabinieri/militi fra Portoferraio, Porto Longone, Marciana, Marina di Campo e circa 200 marinai distaccati presso le Batterie costiere suddivisi in due settori - ovest (S.T.V. Leoncini), est (G.M. Cavallo).
Sull'Operazione Brassard si è scritto molto,sopratutto letteratura d'oltralpe,possiamo riassumere i principali eventi,
Il Comando dell'operazione di sbarco venne affidata al Gen. Magnan che disponeva di tre gruppi d'assalto così articolati:
1 - Btg. d'assalto - Gruppo Commandos d'Africa - reparti
minori
2 - 4° Rgt.Tiratori senegalesi -13° Rgt. Tiratori senegalesi - reparti minori
3 - 2° Rgpt. Tabors marocchini e reparti minori.
I reparti da supporto comprendevano uno Sqdn. carri leggeri "Stuart" M.5, 101°
Rgt. Genio, 4 btr. e.a.
Complessivamente
16.100 uomini con 600 autoveicoli di cui 12.000 militari forniti dalla 9a
Div. fanteria coloniale. L'appoggio navale era costituito dall'U.S. Navy (Amm.
Troubridge) con 220 navi di ogni tipo comprendenti LSTYLCI, LCA/LCG, MTB/MGB,
CC.TL, torpediniere, dragamine, naviglio ausiliario fra cui quattro LCR
(lanciarazzi con 700/1.000 ordigni lanciati in veloce successione) in realtà
furono lanciati soltanto 400 razzi a Marina di Campo.
II supporto aereo era garantito da 200 aerei fra bombardieri, caccia-bombardieri
e caccia forniti dal 57° Air Support Command, con i gruppi di volo dell'U.S.A.A.F.
e francesi 1/22° "Marocco", 11/5° "La Fayette".
Il piano programmato prevedeva - sbarco in forze nella zona di Marina di Campo per tagliare in due tronconi l'isola - sbarco a Pianosa per eliminare il presidio italo-tedesco (160 uomini fra cui 30 italiani) messa fuori uso della protezione radar (Commandos e reparti d'assalto al comando del Ten.Col. Garnier-Duprè con 300 uomini a disposizione).
Inizio operazione "Brassard" ore 04.00 del 17 giugno con partenza dei convogli dalla Corsica alle ore 23.20 del 16.
Il
totale delle forze partecipanti rappresentava come proporzioni la decupla parte
del contingente italo-tedesco dell'Elba, che il servizio d'informazioni alleato
aveva erroneamente valutato in 1.500/1.600 uomini (in realtà erano quasi il doppio). Per una strana
coincidenza, la piccola guarnigione di Pianosa, probabilmente messa in allarme
da informazioni ricevute, era stata evacuata via mare lo stesso giorno in cui
iniziava la "Brassard", imbarcata sul cacciatorpediniere T.A.31 (ex Dardo}
scortata da S. Boote e MAS diretti verso Marina di Campo. Venne avvistata da navi
pattuglia alleate nelle prime ore del mattino del 17, allontanate a cannonate
dal C.T. Dardo e inseguite da una S. Boote. Il convoglio
arrivava indenne a destinazione sbarcando a Portolongone il piccolo contingente
di Pianosa.
Due ore più tardi iniziava l'attacco francese contro le difese di Marina di
Campo con il lancio simultaneo di centinaia e centinaia di razzi sparati da
bordo delle navi: uno spettacolo apocalittico che provocò un immenso bagliore
sulla costa meridionale dell'Elba e una serie ininterrotta di fragorose
esplo-sioni. Passata la gigantesca esibizione pirotecnica, le batterie costiere
Italo - Tedesche e particolarmente quelle del G.M. Cavallo di Monte Pagliece e San
Piero in Campo, reagirono con efficacia e precisione colpendo subito due mezzi
da sbarco LCA e incendiandone altri due. La prima ondata venne accolta da un
serrato tiro di armi automatiche e mortai che bloccarono sulla spiaggia i
senegalesi trovatisi subito in gravi difficoltà. La zona prescelta, come altre
dell'isola che si prestavano a sbarchi, era stata da mesi approntata a difesa
con campi minati, reticolati, postazioni per armi automatiche, ricoveri,
riservette: un buon lavoro compiuto da un Btg.LL. che aveva in precedenza
fortificato l'Elba.
L' 11 ° Btg. senegalese sbarcato fra Punta di Mele e Punta di Nercio, venne ben
presto a trovarsi in una drammatica situazione, bloccato in avanti dalle difese
e colpito alle spalle dalle artiglierie piazzate a Galenzana, Monte Tambone,
Lentisco. Fu necessario sbarcare i Commandos d'Africa a Cala del Fico per
alleggerire la pressione esercitata fra Capo di Poro e Capo di Ponza, zona
questa interessata alle operazioni da sbarco. La nuova zona prescelta per i
Commandos situata nel golfo di Lacona, minacciava pericolosamente alle spalle il
presìdio e le batterie di Monte Tambone che venne conquistato alle ore 07.00
dopo aspri combattimenti, liberando in tal modo Ì senegalesi della critica
situazione e permettendo una più rapida avanzata rispettivamente del 2° e 1°
Gruppi tattici sino alla S.P. Marina di Campo-Lacona.
Nel frattempo, dopo lunga indecisione sul da farsi, il Gen. Gall ritirava dalla
zona ovest il grosso delle forze ivi dislocate, trasferendole nella parte
centrale, a ridosso di Portoferraio, per tentare di fronteggiare la minaccia che
si palesava ora più concreta nel settore centrale, aggravata dalla presenza di
una formazione navale apparsa davanti al capo-luogo dell'isola come deterrente
psicologico ma fatta segno a preciso tiro delle batterie costiere di Monte
Strega (S.T.V. Leoncini).
Riorganizzate le provate forze della zona di Marina di Campo, il Gen. Magnan
impartiva disposizioni per l'attacco finale affidando a due branche operanti a
tenaglia l'avanzata
Le due colonne d'attacco comprendevano: la I° (Col. Chretien) il 13° Rgt. T.S.
ed era diretta sulla S.P. Procchio - Biodola - Portoferraio; 2° (Col. Cariou) col
4° Rgt.T.S. marciava da San Martino verso Colle
Reciso-Schiopparello-Portoferraio, mentre un terzo gruppo tattico con i Tabors e
Commandos si dirigeva da Lacona a Capoliveri. All'alba del giorno 18 l'avanzata
proseguiva indisturbata a ventaglio dopo aver rastrellato per tutta la notte i
difensori Italo - Tedeschi di Marina di Campo e dintorni (circa 600 prigionieri).
Venivano conquistate nella mattinata Marciana, San Giovanni, Acquabona, Bagnala
ed alle ore 14.00 i senegalesi del 13° Rgt. Tiratori entravano in Portoferraio
ormai sgombrata dai difensori portatisi nella zona est dell'isola. Nel
pomeriggio del 18 l'Elba risultava virtualmente tagliata in due tronconi, mentre
il resto dei difensori si irrigidivano in retroguardia nella zona di Rio
nell'Elba, Cima del Monte, Monte Castello, Portolongone per favorire
l'evacuazione dai porti di Rio Marina e Cavo dei reparti efficienti trasportati
in continente con motozattere, VAS, MS e MAS.
Il mattino del 19 veniva occupata Portolongone mentre resistevano ancora alcune
località a Naraia, Monte Castello, Monte Capannello. Nel pomeriggio, dopo che il
Gen. Gali aveva abbandonata l'isola, la difesa cedeva gradatamente come morale e
resistenza ed alla sera l'intera zona orientale veniva occupata con la cattura
di circa 400 prigionieri. Nella giornata del 20 giugno si completava
l'occupazione dell'Elba con il rastrellamento degli ultimi difensori. Le
indecisioni iniziali del Gen. Gali avevano causato un gran indebolimento morale
e materiale della difesa.
I reparti della R.S.I. ebbero circa una quarantina di caduti (fra cui 12 militi
della G.N.R.) cui sono da aggiungere i marinai morti il 29 giugno con il MAS 562
(CC. Biffignandi) incendiato dopo uno scontro nel Canale di Piombino con P.T.
americane. A questa versione dei fatti, storicamente comprovata anche dalla
documentazione reperibile presso l'A.C.S. e il Service Historique de FArmée, si
contrappone la "verità" apparsa sulla "Domenica del Corriere" dal titolo
"Italiani nella bufera" (parte 2V Inserto n.ll), in cui le ricordate vicende,
descritte col titolo a grandi caratteri "Angloassassini accolti a suon di musica
all'Elba", parlano fantasiosamente dello sbarco dei reparti anglo-americani (non
partecipanti ali' operazione) quasi come una festosa e piacevole crociera
culminata con le melodiose note elevate nella piazza del porto (si presume
Portoferraio) da una banda musicale della GNR schierata con reparti, labari e
fiamme nere per accogliere i liberatori dell'isola: "...il locale battaglione
della Guardia Nazionale Repubblicana che ha tutt' altre intenzioni che
difendersi. Banda in testa, esso è schierato sul molo e accoglie a suon di
musica coloro che la propaganda fascista su migliaia di manifesti affissi per
le strade delle città dell'Italia settentrionale, chiama gli angloassassini"
.
Segue a questa fantomatica verità storica un eloquente disegno a colori ancor
più fantasioso di Walter Molino, che raffigura soldati inglesi, cittadini e
legionari in camicia nera, labari e strumenti musicali che suonano marcette in
onore dei "liberatori".
Non occorrono commenti a tale pubblicazione se non aggiungere, come vogliono far
credere gli autori, come la viltà e il conformismo degli italiani, non importa
di quale ideologia essi siano, possano arrivare lesivamente sino a tale
manifestazione d'imbelle e servile comportamento. La relazione ufficiale
francese descrive invece testualmente: "...Le spectacle est hallucinant et
tragique.
A4 h.30, les cinq barges de la troisième vague d'assaut essayent de debarquer a
leur tour. Deux sont atteintes part le 88 mm et se mettent a flamber comme des
torches. Les hommes se jettent a temer, leur fusil a la main.
Le debarquemente averte..."; e così prosegue: "...Mais sur tout le front, l'ennemi
se defend avec acharnement: il faut la furie heroique des francais pour venir a
bout de chaque point d'appui".
Non fu dunque una facile né piacevole passeggiata come attestano tragicamente le
pesanti perdite subite dal corpo di spedizione. Non fu soprattutto una auspicata
e felice "liberazione" da parte degli Elbani, poiché l'occupazione Francese
costò oppressione, lutti, sangue, mortificazioni, ruberie innumerevoli, il cui
ricordo fa rivivere drammaticamente in termini di violenze, uccisioni, stupri e
rapine di ogni genere le nefandezze di Esperia, Fico, Pontecorvo perpetrate
sempre da truppe coloniali francesi, nella primavera del 1944.
Protagonisti di queste barbare imprese marocchini e algerini, scatenati e
incoraggiati dai loro ufficiali francesi nella preconcetta ostilità gallica
verso gli italiani; episodi atroci e ignominiosi in cui la pseudo "pugnalata"
del 1940 non potrà mai cancellare pagine infamanti che hanno macchiato per
sempre le Armi e il senso civico umano e comportamentale della Francia. Dovevano
passare ancora lunghi anni prima che la Nemesi storica facesse giustizia
sommaria dei crimini francesi perpetrati in Italia, rinverdendo sui monti e sui
campi dell'Algeria altre barbarie, atrocità, nefandezze rivolte questa volta ai
"piedi neri", ai legionari, ai para catturati e seviziati dai fedayn del FLN.
Le informazioni di questa sezione sono state tratte da:
Nino Arena RSI Le forze Armate della
Repubblica Sociale La guerra in Italia 1944
Rapporto dell' arma dei Carabinieri tratto dal libro "La ciociara e le altre" di M.Lucioli & D.Sabatini - prefazione di B.D'Epiro - Edizioni Tvscvlvm
La Domenica del Corriere Tavola di Walter Molino Tratto dal periodico trimestrale "Lo Scoglio" Elba ieri,oggi,domani Inverno 1985 IV Trimestre Anno III